Il peposo dell’Impruneta o peposo alla fornacina è un piatto tipico della cultura gastronomica fiorentina.
Si tratta di uno “spezzatino”, di uno stufato di manzo o di vitello cotto nel chianti, vino rosso tipico fiorentino molto corposo e successivamente arricchito con pepe in grani che renderà il nostro peposo delizioso e profumato.
Si ottiene principalmente dai tagli del quanto anteriore, cioè dalla spalla e dal collo del manzo perché al loro interno troveremo il tessuto connettivo che con una lenta cottura risulterà tenero e saporito.
Il peposo è conosciuto anche come peposo alla fornacina. In passato questo veniva sistemato nelle ciotole di terracotta e la cottura avveniva molto lentamente, all’imboccatura delle fornaci.
Dunque, i fornacini, commissionati da Brunelleschi per la realizzazione dei mattoni che servivano a realizzare la sua grandiosa cupola al centro di Firenze, potevano rifocillarsi dopo le loro fatiche di artigiani. Un piatto ricco di storia e gusto!
Pochi ingredienti per un piatto ricco di storia e gusto: carne di manzo, vino rosso, pepe e sale.
Secondo la tradizione la preparazione di questo piatto toscano, il peposo, erano i fornacini di Impruneta che alla fine del 1400 gli artigiani che lavoravano alla produzione dei mattoni che Brunelleschi aveva ordinato di realizzare la sua grandiosa Cupola nel centro di Firenze, in Piazza del Duomo a Firenze, utilizzavano questa cottura nelle fornaci usate per cuocere i mattoni, allestite nel cantiere, mettendo in un angolino un “tegame”, ovviamente di coccio, con all’interno la carne di manzo, aggiungendo molto pepe, il vino rosso e lasciando cuocere per diverse ore.
Il manzo, alla fine della cottura, quasi si scioglieva in bocca. Ne usciva un piatto molto nutriente e tutt’altro che povero, perché all’interno c’era la carne, anche se venivano usate la parti meno “nobili” del manzo.
Tra l’altro c’è una curiosità molto divertente: a Firenze c’è una leggenda che per evitare rallentamenti per la realizzazione della cupola, Brunelleschi aveva autorizzato tale preparazione, facendo portare il pranzo direttamente in cantiere, dai fornacini, in modo tale che gli operai non perdessero tempo nelle osterie della città per la pausa pranzo.
Intorno al 1520 nell’area dell’Ospedale del Ceppo vennero create delle fornaci per la cottura delle ceramiche invetriate e dei mattoni. Anche in questo caso gli operai, molti dei quali venivano dell’Impruneta o comunque avevano lavorato per il Brunelleschi, realizzavano il peposo come piatto principale.
Oggi il “peposo” si prepara anche in altri modi. Viene cucinato con una ricetta simile all’originale: realizzato con i tagli poveri del manzo e la sua cottura lenta che, permettendo alla carne di diventare tenerissima, rende questa pietanza così deliziosa da essere diventata uno dei piatti più conosciuti e apprezzati dai cultori della cucina tradizionale.
Qualcuno per realizzare il “peposo” utilizza anche il pomodoro, che all’epoca del Brunelleschi ancora non era arrivato in Europa, sarà introdotto in Europa dopo la scoperta dell’America e usato solo come pianta ornamentale, trova impiego nella cucina quattro secoli dopo. Una cosa è certa: non vi sognate mai di chiamarlo “spezzatino al pepe”.
Non a caso esiste anche un “disciplinare del peposo” predisposto dall’Accademia italiana della Cucina d’intesa con il Comune di Impruneta.
Gli ingredienti previsti sono questi: carne di manzo (muscolo o guancia), pepe in grani, aglio (facoltativo), sale e ovviamente vino Chianti.
Il pomodoro non è previsto. Se volete gustare un Peposo fatto come si deve dovete farvi un giro a Impruneta nella prima settimana di settembre, dove si svolge una vera e propria gara tra rioni.
Vince chi lo fa più buono, secondo il parere di una giuria.
Che cos’è il muscolo di manzo?
Il muscolo di manzo è un taglio economico, composto da una serie di tessuti connettivi e collagene, che rende questa carne “gelatinosa” ma non grassa. Si ricava dalla parte anteriore del vitello, tra spalla e gomito ed è perfetto per le lunghe cotture, come i brasati o i bolliti.
Il geretto posteriore rappresenta lo stinco del bovino, privato del muscolo del polpaccio, che forma un altro taglio, il campanello: comprende quindi una parte ossea, rappresentata dalla tibia. È composto da molti muscoli, tutti gli estensori delle dita e i flessori del piede.
Il geretto anteriore possiamo definirlo come il “braccio” del bovino, e comprende come detto una parte ossea, rappresentata dal radio e dall’ulna.
Più nobili i geretti posteriori, che si possono chiamare stinchi, meno nobili i geretti anteriori, che non si possono chiamare stinchi, comunque entrambi sono tagli di carne molto apprezzati per la loro qualità e per i loro numerosi utilizzi. Una particolarità dello stinco, in particolare quello anteriore, è quella di contenere un osso ricco di midollo, rendendo questo taglio molto apprezzato per tutti gli amanti di questo particolarissimo ingrediente.
Generalmente questo taglio è molto tenero e gustoso, grazie all’abbondanza di tessuto connettivo presente. Le caratteristiche organolettiche farebbero pensare che questo taglio sia ottimo per le cotture bollite e in umido; in effetti è così, ma la conformazione, la forma e l’abbondanza di connettivo lo rendono unico anche per arrosti, meglio se cotto in forno con una ricca percentuale di vapore.
Per realizzare lo spezzatino al pepe o peposo possiamo utilizzare anche la guancia.
La guancia è un piccolo muscolo che muove le mandibole del bovino nella masticazione, è ricchissima di tessuti connettivi ed è perfetta per le cotture in umido e le lunghe e lunghissime cotture a bassa temperatura. Negli ultimi anni, la guancia, si è ritagliata un ruolo importante nella ristorazione, per la sua struttura tenera e succulenta, grazie alla cottura a bassa temperatura.
È un taglio estremamente ricco di muscoli, ma sui cui l’animale non poggia mai il suo peso. Ricaviamo una carne non grassa, ricca di fibre, che se cotta con attenzione diventa succosa e saporita, battendo per gusto e consistenza anche i tagli più pregiati. Molto importante resta la cottura, che tradizionalmente prevede una rapida ed intensa cottura iniziale (rosolatura), dove creiamo la reazione di maillard, e una successiva cottura lenta a temperatura bassissima.
È il metodo di cottura che aiuta ad arricchire il sapore della ricetta.
Molte ricette per la guancia sono ricette di brasati, stufati o spezzatini.
Tutto ciò significa lasciarla bollire in un liquido o in un mix di liquidi come brodo e vino, insieme ad altri ingredienti aromantici come cipolla, aglio, sedano, carote e foglie di alloro.
Queste preparazioni si conservano a lungo e sono più buone se mangiate uno o due giorni dopo, perché riposando la carne assorbe tutti gli ingredienti utilizzati per la nostra preparazione.
– 1 kg di carne di manzo (meglio se chianina);
– 1 litro di vino rosso Chianti (non usate vino scadente);
– 20 chicchi di pepe nero
– 4 spicchi d’aglio vestito
– pane toscano a fette (tostato)
– sale, rosmarino e salvia qb
le caratteristiche principali di un taglio di carne sono determinate sia dalla quantità di grasso sia dal tipo di tessuto connettivo presente, oltre che dalla quantità di grasso. Le quantità relative di fibre, collagene e grasso determinano in larga in che modo sarebbe meglio trattare e cuocere il taglio di carne, ricordando che il collagene prima si indurisce e poi si scioglie lubrificando le fibre.
Per sciogliere il tessuto connettivo serve tempo, quindi cotture lunghe in ambiente acquoso. Il pezzo può essere sommerso interamente dal liquido, come in un bollito o uno spezzatino, oppure parzialmente, come in brasato.
se scegliamo un taglio di carne che ha troppo tessuto connettivo, duro da masticare e ben poco appetibile, va ammorbidito o sciolto.
Se una fiorentina deve essere cotta rapidamente ad alta temperatura, il reale, un taglio ricco di tessuto connettivo, è più adatto a una cottura umida e lenta per sciogliere il collagene e formare la gelatina che ingrassa le fibre muscolari rendendo la carne morbida al palato. La carne meno tenera, che spesso è la più saporita, si cuoce in presenza di acqua o utilizzando anche latte, vino, birra, brodo.
Se aumentiamo la difficoltà della nostra cottura e proviamo ad aromatizzare la carne con altri ingredienti, che solitamente son vegetali, le possibilità diventano infinite.
Stufati, spezzatini, umidi, stracotti sono solo alcuni dei nomi ricorrenti, ma questi piatti non sono classificabili con esattezza poiché non esiste una terminologia precisa nella cucina italiana.
A livello scientifico sono tutti raggruppabili, differenziandosi di più per i sapori e i tagli scelti che non per le modalità di cottura, dove tutti impiegano un fluido acquoso che sommerge completamente la carne. La temperatura di cottura deve essere superiore a 75°C, per sciogliere il collagene rapidamente, ma inferiore a 85°C, per evitare una riduzione troppo notevole della carne.
Gli spezzatini, come possiamo capire dal nome, si tratta di carne tagliata in piccoli pezzi, che solitamente sono cubetti, immersa in un liquido variamente aromatizzato. È consueto utilizzare tagli poco pregiati ricchi di tessuto connettivo. Una caratteristica tipica degli spezzatini è di avere, oltre alla carne, anche altri vegetali che contribuiranno a definire il sapore, come ad esempio lo spezzatino al pepe, più comunemente chiamato “Peposo”
Il peposo può essere preparato in vari modi: tradizionale (in un tegame di coccio), sottovuoto con l’apposito roner e la cottura come lo spezzatino di carne che avviene in varie fasi.
La cottura tradizionale del peposo avviene in un tegame di coccio, nel quale la carne, il vino ed il pepe vengono messi tutti insieme all’interno del tegame del forno a legna per poi procedere ad una cottura lenta; dopo un paio d’ore circa il vostro peposo risulterà tenero e saporito.
La cottura sottovuoto o a bassa temperatura è una cottura che sta prendendo sempre più piede nell’ambito della ristorazione.
Permette di cuocere il nostro peposo mettendo tutti gli ingredienti in appositi sacchetti di plastica che verranno successivamente sigillati con un adeguato macchinario, che oltre a sigillare il sacchetto toglie tutta l’aria che troviamo all’interno, ed infine immergendo in sacchetto di plastica in acqua calda, che non sia superiore a 85°.
La cottura sarà più lunga della cottura tradizionale, infatti avremo bisogno di almeno 34 ore di cottura, che renderà il nostro peposo ancora più tenero, perché c’è una temperatura controllata che non supera i 85°, e più aromatico perché, essendo immerso nell’acqua all’interno di un sacchetto, non abbiamo la dispersione degli aromi.
La cottura come lo spezzatino avviene in varie fasi. La prima fase e la rosolatura della carne, nella quale avviene la reazione di maillard.
Per reazione di maillard si intende una serie complessa di fenomeni che avvengono a seguito dell’interazione di zuccheri e proteine durante la cottura.
I composti che si formano con queste trasformazioni sono caratterizzati dal colore bruno e dal caratteristico odore di crosta di pane appena sfornato.
Quando la nostra carne di manzo sarà di colore bruno andremo a sfumarla con il vino rosso. Quando sarà sfumato, cioè quando sarà evaporato tutto l’alcool, andremmo ad aggiungere il resto degli ingredienti e lo faremo cuocere per circa 2 ore aggiungendo acqua o brodo per far in modo che non si asciughi troppo durante la cottura.