T-bone e Porterhouse: quali sono le differenze?

Che cos’è la bistecca T-bone?

Che cos’è la bistecca Porterhouse?

Ok, amici carnivori, siete pronti a tuffarvi nel mondo gustoso delle bistecche T-Bone e Porterhouse?

L’antropologa statunitense Margaret Mead scrisse, sull’American Anthropological Journal che “i francesi e gli inglesi fanno 35 differenziazioni tra i tagli di carne, le tribù mekan (nell’Africa dell’Est) 51, mentre i coreani arrivano fino a 120 diversi tipi di tagli“.

E se distinguere tra bistecca e scamone è relativamente elementare, trovare le differenze tra una “bistecca” e l’altra è un po’ più complesso.

Ora, ditemi che non vi siete mai chiesti come mai quando si tratta di bistecche T-Bone e Porterhouse, ci si perda in un labirinto di confusione?

In italiano non c’è un termine per definire quelle che gli americani chiamano T-Bone e Porterhouse steak.

Per noi la parola che apre tutte le porte è semplicemente “bistecca”.

Per noi sono entrambe “bistecca”, magari da fare “alla fiorentina”, cioè quel taglio che viene da un muscolo posteriore, la lombata breve, di una mucca o di un manzo.

In Italia non esiste ancora un nome specifico per catturare l’essenza delle bistecche T-Bone e Porterhouse, quindi spesso ci tocca buttare tutto nello stesso calderone chiamato “bistecca”.

Eppure, dietro questo titolo generico e tagli specifici, si nascondono galassie di sapori pronti a esplodere.

Ora, diamo un’occhiata dietro le quinte del grande spettacolo delle bistecche. Entrambe, sia la T-Bone che la Porterhouse, si fanno strada attraverso la lombata breve di bovini di prima categoria.

Ma aspetta, c’è un dettaglio interessante!

La Porterhouse, la dama delle bistecche, si prende il suo momento da star con una generosa porzione di filetto.

E cosa è il filetto? Niente di meno che la parte tenera e prelibata del lombo.

E dove troviamo questa bistecca divina?

All’estremità del taglio, ovviamente, vale a dire nella regione che dal lombo si sviluppa nella coscia dell’animale e più precisamente nello scamone.

Per quanto riguarda la T-Bone, il filetto è in lenta e progressiva ritirata, vale a dire in dimensione sempre più piccola man mano che si avvicina alla costata.

E ora, il grande scontro: come cucinarle?

Qui siamo sulla terra dei barbecue e delle grigliate, quindi non c’è spazio per mezze misure.

Se per la griglia la modalità di cottura diretta è d’obbligo, si può ben dire che la bistecca alla fiorentina cotta al barbecue ha una sua scienza e un suo perché.

Ma ricordate, ogni capolavoro ha le sue peculiarità.

E chi meglio degli esperti può svelare i segreti di queste opere d’arte culinarie?

INDICE

La differenza tra T-bone e Porterhouse

Quale è la proporzione ideale?

E per la T-bone?

Cottura Fiorentina

Il riposo della carne

Alle origini della Porterhouse c’era Charles Dickens

Da dove partire quindi?

La differenza tra T-bone e Porterhouse

La differenza sostanziale tra T-bone e Porterhouse è nella quantità di filetto.

Non si tratta dello spessore del filetto, attenzione!

Quando la dimensione conta davvero

La dimensione che conta per la determinazione di questo tipo di taglio non è lo spessore.

Infatti possiamo avere sia una T-bone che una Porterhouse mastodontiche!

La dimensione che conta è il diametro del filetto e attenzione bene: la sua rotondità!

Infatti non potrà mai essere denominata Porterhouse una bistecca con un filetto di 3 cm di diametro pure se fosse alta 6 centimetri di spessore!

E’ chiaro che una Porterhouse dovrà essere quanto meno alta 4 cm ma questo è ovvio come il fatto che la griglia deve essere calda, non abbiamo scoperto niente di nuovo.

Il vero segreto che non ti viene quasi mai svelato è questo: una vera Porterhouse ha il filetto più largo e più rotondo di una T-bone, in misura molto marcata.

 

Quale è la proporzione ideale?

Se ancora non vi è chiaro ve lo spiego in questi termini: esiste una vera e propria dimensione ideale che di per sé è anche molto estetica.

Si tratta delle dimensioni delle due parti della stessa medaglia che compongono la nostra super bistecca alla fiorentina. Già perché esattamente di quello si tratta.

La proporzione ideale per una Porterhouse è quella del 65/68% di controfiletto separate dal 35% circa di filetto.

E in questa denominazione che si rispecchia degnamente quella di Bistecca alla Fiorentina.

E per la T-bone?

Come ignorare questa sublime bistecca? Quella che abitualmente siamo abituati a riconoscere come fiorentina nella metà dei casi viene ricavata proprio in questa regione.

Si tratta della regione in cui il filetto inizia a restringersi e diminuire di dimensione.

In questa regione anche la proporzione di controfiletto va riducendosi di dimensione.

Verso il centro della sella del bovino troviamo il punto di spessore minore, se così si può dire, trattandosi pur sempre del maestoso muscolo longissimus dorsis.

In questo caso, se vogliamo essere matematici dobbiamo considerare una T-bone come quella parte della lombata che prevede dal 70% al 90% di controfiletto e, in maniera complementare, la proporzione rimanente di filetto!

In ogni caso deve essere presente l’osso a T rovesciata che determina l’autenticità della T-bone!

Cottura Fiorentina

La cottura della Porterhouse che è pur sempre la bistecca alla fiorentina per eccellenza richiede alcune accortezze per quanto riguarda la temperatura.

La temperatura a cuore va determinata necessariamente con un termometro a sonda del valore ormai di pochi euro.

Le fasi di cottura nel caso di una Porterhouse o di una T-bone in cottura indiretta possono essere facilmente ricondotte a due ma ricorda: mai cuocere una bistecca senza averla fatta riposare fuori dal frigo almeno tre ore in estate e sei ore in inverno!

Per la fase di cottura indiretta nel barbecue chiuso si devono raggiungere i 40 gradi a cuore.

Mentre per la cottura diretta la temperatura da raggiungere è dai 45 gradi molto al sangue fino ai 52 gradi per una cottura media.

Oltre significa solo rovinare questo capolavoro.

Il riposo della carne

Una fase fondamentale della cottura fiorentina è rappresentata dal riposo dopo la cottura.

Infatti, fase pre-cottura è importante per il raggiungimento della temperatura corretta a cuore, il riposo però è altrettanto importante per la distribuzione dei liquidi ed evitare le fastidiose fuoriuscite di sangue nel piatto.

Come si fa?

Basta coprire con carta alluminio la Porterhouse o T-bone e bucherellare con uno stuzzicadenti la carta. Far riposare almeno 5 minuti prima di tagliare e servire.

In questo modo al taglio non fuoriuscirà che una minima parte dei succhi e tutto il sapore incredibile della bistecca resterà per voi!

Alle origini della Porterhouse c’era Charles Dickens

Ancora confusi? Sentiamo cos’ha da raccontarci a riguardo Steven Raichlen, giornalista gastronomico americano e autore di Barbecue! Bible, vero e proprio testo sacro del fuochista.

«Nella prima metà del 1800, i viaggiatori potevano trovare sollievo in stabilimenti chiamati “Porter House”.

Spesso offrivano alloggio. Il nome “Porter” era quello di una birra stout, scura e molto popolare a quei tempi».

«La storia vuole che il celebre scrittore inglese Charles Dickens, dopo aver mangiato una bistecca evidentemente memorabile a Sandusky, Ohio, nel 1842, si fece tutta la costa meridionale del lago Erie sino a Buffalo, nello stato di New York, dove chiese ad un albergatore locale una bistecca come quella che aveva mangiato nella “Porterhouse di Sandusky”. Il titolare allora avrebbe iniziato a scrivere sul menù “bistecca “Porterhouse”, quella che piace a Charles Dickens”».

Da dove partire quindi?

Ehi, amanti della bistecca, prendetevi un attimo perché c’è un sacco di gustoso da scoprire dietro nomi comeBistecca, Fiorentina, T-Bone e Porterhouse.

In fin dei conti, quello che tutti possiamo convenire è che una buona bistecca è una goduria senza pari.

E se vuoi alzare il livello di godimento, buttala sulla griglia come se fosse una rockstar sul palco, e fatti travolgere dal calore del fuoco!

Ora, mettiamo in luce alcune chicche. Puoi scervellarti sul dosaggio esatto di sale, o tuffarti nell’oceano di tradizioni e storie che circondano il mondo delle bistecche.

Ma alla fine, tutto si riduce a un elemento fondamentaleil macellaio dietro le quinte è il vero mago che rende tutto magico.

Lui è quello che seleziona con cura la carne, la massaggia finché diventa tenera e succulenta, e ci regala un’esperienza degna di un abbraccio appassionato.

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